Salvatore Piccolo ANTICHE PIETRE La cultura dei dolmen nella preistoria della Sicilia sud-orientale Introduzione di Lorenzo Guzzardi ANTICHE PIETRE A mia moglie Gina e ai miei figli, Silvio, Cristina e Lucrezia. - Salvatore Piccolo ANTICHE PIETRE La cultura dei dolmen nella preistoria della Sicilia sud-orientale Introduzione di Lorenzo Guzzardi Morrone Editore Siracusa © 2007 Morrone Editore Via Sofocle, 4 - Siracusa 0931 66001 Ideazione e realizzazione artistica della copertina: Gina Pardo Informatics advisor: Andrea Mineo Adattamento grafico: Silvio Piccolo Proprietà letteraria riservata E vietata la riproduzione parziale o totale di testi, foto e disegni Piccolo, Salvatore < l959-> Antiche pietre : la cultura dei dolmen nella preistoria delia Sicilia sud-orientale / Salvatore Piccolo ; introduzione di Lorenzo Guzzardi. - Siracusa : Morrone, 2007. ISBN: 97S-88-902640-7-8 1. Dolmen - Sicilia. 1. Guzzardi, Lorenzo 937.8 CDD-21 SBN Pal0208428 CIP - Biblioteca centrale della Regione siciliana “Alberto Bombace" Ringraziamenti Desidero ringraziare quanti sono stati provvidi di infor- mazioni e aiuto materiale, primo fra tutti il Sig. Ferdinando Lazzarini, che con grande perizia tecnica ha elaborato i di- segni dei dolmen di Avola e di Cava dei Servi; il dott. Giuseppe Cassataro, per avermi condotto sul sito del dolmen di Monte Bubbonia, altrimenti di difficile localizzazione; il Sig. Antonio Catalano, per i disegni eseguiti al monumento di Monte Bub- bonia; mia moglie, Gina Pardo, per i rilevamenti del “Cava Lazzaro”; il dott. Gaetano Ciancio, figlio di Salvatore, sco- pritore del “dolmen " di Avola, per avermi aperto la biblioteca appartenuta al padre; il dott. Pietro Calabrese, funzionario del Ministero degli Interni, per avermi fatto partecipe dei suoi studi purtroppo inediti sulle “popolazioni indoeuropee"; l'ami- co dott. Giuseppe Ansaldi che, in maniera del tutto gratuita e per il solo mio interesse, ha condotto l’analisi geologica sullo pseudo dolmen di Avola. Un ringraziamento particolare va al prof. Sebastiano Tusa, già mio docente di Paletnologia alla Scuola Universitaria per Operatori tecnico-scientifici ai Beni Archeologici, perché mi ha seguito nella prima fase delle ricerche e ne ha tratto spun- to in un Suo importante lavoro sul Megalitismo in Sicilia. S.P. Introduzione L’obiettivo di far conoscere i dati archeologici anche al pub- blico non specialistico, è certamente quanto si prefigge l’Auto- re di questo volume, cimentatosi già in altre occasioni nel non facile compito della divulgazione. Chi si appresta a leggere il lavoro sui dolmen preistorici della Sicilia sud-orientale, è probabile che abbia qualche nozione di Preistoria, specie deìYEtà del bronzo, anche se potrebbe non conoscere nei dettagli le caratteristiche dei manufatti indagati dall'Autore. Si tratta, infatti, di monumenti poco attestati in Si- cilia ma meglio conosciuti in altre aree dell’Europa e del Me- diterraneo. Salvatore Piccolo, in tal modo, si preoccupa di spiegare il fenomeno dei dolmen in Europa nell’ambito del Megalitismo preistorico, pervenendo ad una puntuale descrizione dei ma- nufatti di questo tipo fin qui individuati nel Sud-est dell'isola. Al di là di alcune speciali e isolate manifestazioni, di cui sem- pre più sembra sfuggire la matrice culturale, come ad esempio la sepoltura a lastre litiche individuata da Paolo Orsi a Monte Racello, parrebbe che il fenomeno dei dolmen più propriamen- te detti possa ricondursi, in Sicilia, a specifici monumenti sepolcrali della prima Età dei bronzo: l’evidenza archeologica raccolta dall'Autore dimostra che almeno uno di questi monu- menti, quello di Cava dei Servi, fu utilizzato quale luogo per la sepoltura di inumati fra la fine del III e la prima metà del II millennio a.C. Poiché nel medesimo periodo si datano i dolmen maltesi e 9 Salvatore Piccolo pugliesi, è legittimo chiedersi quale sia stato il punto di parten- za di tale consuetudine in seguito riversatasi anche nel Medi- terraneo. Piccolo giunge ad una conclusione, certamente non definiti- va se consideriamo che proprio per la Sicilia, come egli stesso ci ricorda, molti dati sono andati persi a causa degli spietramenti che hanno caratterizzato i lavori agricoli della regione iblea so- prattutto nel secolo scorso. La proposta che ci suggerisce a conclusione del volume è un’ipotesi da sottoporre a verifica. Perciò si auspica che ven- ga proseguito il lavoro sistematico di catalogazione dei dolmen, appena iniziato nell’isola, perché si possa allargare la cono- scenza sulla loro diffusione e contemporaneità d’uso con la ben più nota e attestata tipologia delle tombe a “grotticella artifi- ciale”. Lorenzo Guzzardi * * Lorenzo Guzzardi è dirigente responsabile del Servizio Beni Archeologici della Soprintendenza di Siracusa. Ha diretto la Sezione Archeologica della Soprintendenza di Ernia, il Museo Archeologico Regionale di Camarilla e il Museo Archeologico Regionale della Villa Imperiale del Casale di Piazza Armerina. Insegna Letteratura Artistica presso la facoltà di Architettura del- l’Università di Catania. 10 I Il problema delle origini /. Primi studi L'architettura megalitica, ossia la realizzazione di santuari, tombe e quant'altro mediante l’impiego di enormi blocchi di pietra, occupa un posto di rilievo nelle esperienze culturali del neolitico europeo. La parola dolmen, che deriva dal bretone dol (tavola) e men (pietra), compare nel dibattito scientifico intorno alla fine del XVIII secolo; sino a quel momento, l'esame di questi “strani” monumenti disseminati un po’ ovunque aveva alimen- tato supposizioni a dir poco fantasiose (si pensava che fos- sero opere realizzate da giganti o, addirittura, prodotti del dia- volo). Le prime esplorazioni, dunque, furono indirizzate a com- prenderne l'uso e a stabilirne l'età, anche se il mancato rin- venimento di oggetti in metallo suggeriva a priori il periodo al quale potevano farsi risalire. Nella seconda metà dell’Ottocento, la pubblicazione di una piima pianta delle località megalitiche conosciute evidenziò una tale quantità di coincidenze da far pensare all'opera di un unico popolo. Sembrò, pertanto, verosimile considerare il “megali- tismo” un'insolita manifestazione culturale del vicino Oriente e i dolmen, in definitiva, l'artificiosa riproduzione della grotta 11 Salvatore Piccolo Aree di diffusione megalitica. sepolcrale mediterranea1. A rafforzare questa ipotesi concor- se l’archeologo australiano V. Gordon Childe, che nel suo ul- timo libro imputò la costruzione degli enormi mausolei a fan- tomatici missionari megalitici, membri di alcune tribù pro- toegee del Mediterraneo orientale, divulgatori di una fede re- ligiosa che si riconosceva nei culti della dea Madre2. Il perfezionamento del sistema delle datazioni assolute, gra- zie al metodo del CI4, ha bocciato una volta per tutte que- sta tesi, dimostrando che le più antiche tombe megalitiche han- no visto origine nel settentrione d’Europa: i dolmen bretoni risalgono al 4500 a.C. (precedenti, quindi, alle piramidi egi- zie, alle ziqqurat mesopotamiche3, ai grandi complessi cretesi 12 ANTICHE PIETRE e micenei) e da qui si sono diffusi verso sud (Francia centrale e me- ridionale), sud-ovest (Spagna e Portogallo) e nord-nordest (bas- sopiano europeo settentrionale, Svezia, etc.)4, concludendo la loro fase nelle più recenti costruzioni di Malta (2400 a.C. circa) e Italia (inizi del secondo millennio a.C.). Un arco di tempo sufficiente perché in ogni regione si risolves- sero in una tipicità tutta locale, mantenendo, comunque, una ca- ratteristica comune: l'uso di blocchi o lastre di pietra, talvolta di dimensioni colossali, che ne fecero un fenomeno legato ad una cultura alquanto diffusa. Vere Gordon Childe (1892-1957) 2. Principali caratteristiche elei dolmen La configurazione più elementare del dolmen è quella trilitica: un lastrone orizzontale è sovrapposto a due pietre messe per dritto, così da formare una costruzione i cui elementi struttu- rali delimitano uno spazio quadrangolare. In seguito si sono sviluppate forme più com- plesse, costituite da una successione più o meno lunga di triliti che ha generato due aspetti particolari: la tomba a corridoio e la tomba a galleria (allée converte)5. Le tombe a corridoio, realizzate con grandi lastre di pietra infisse verticalmente nel 13 Salvatore Piccolo I menhir di Camac (Bretagna). terreno (ortostati), hanno androni di lunghezza variabile che conducono ad una camera (o diverse camere) a forma poli- gonale6; le tombe a galleria, invece, presentano un solo am- biente, a pianta rettangolare, adibito per intero a camera se- polcrale. Alcune di esse si sono evolute in costruzioni piuttosto com- plicate, come nel caso dei dolmen a falsa cupola (la cui con- vessità del tetto è ottenuta mediante il restringimento gradua- le dell’edificio)7 e dei dolmen a camere laterali (caratteriz- zati da una serie di celle accostate a quella centrale). Ogni sepolcro (o serie di sepolcri), infine, veniva coperto con un tumulo di tema frammisto a pietre8. Non tutti sono stati monumenti funerali: i cromlech9 di Sto- nehenge (Inghilterra) e i menhir10 di Camac (Francia), per citar- ne alcuni, avranno svolto funzioni straordinarie, forse legate al- l’esercizio di un culto astronomico; essi, senz’altro, hanno rap- presentato il prodotto di una Cultura che scorgeva nell’Univer- so il centro d’irradiazione di energie assolutamente positive. 14 ANTICHE PIETRE In ogni regione dovettero affrontarsi problemi non indifferenti, legati al reperimento e al trasporto del materiale di costruzione. Nelle zone in cui la pietra era parecchio dura, diffìcile da frantu- mare, si innalzarono enormi monumenti11 ; in altre aree, dove la pietra si smozzicava facilmente, si costruì a secco piuttosto che con tecnica realmente megalitica (è il caso della nostra isola). Il “prototipo” di queste architetture ebbe sicuramente origini legate alla fortunata coincidenza di più fattori. Lo stupore su- scitato da qualche naturale “scenografia” trilitica avrà talmen- te scatenato l’immaginario religioso di certe comunità preisto- riche, da attribuirsi alla triade di pietre un significato mistico eccezionale. 3. I dolmen mediterranei I dolmen mediterranei, come si è già accennato, risalgono ad un'epoca più vicina alla nostra. In Sardegna se ne contano Il complesso megalitico di Stonehenge (Inghilterra) 15 Salvatore Piccolo un centinaio sparsi per tutta l’isola, alcuni dei quali, le cosid- dette ciste dolmeniche12 (lastre di pietra assemblate in ma- niera cubiforme), si datano all’età del rame (2900-2100 a.C. circa). Questo modello costruttivo è presente anche in Sici- lia, precisamente a Butera (in prov. di Caltanissetta) nel nuo- vo quartiere di Piano della fiera, luogo su cui insiste una ne- cropoli preistorica: il monumento, riutilizzato in periodo gre- co, riporta a pratiche cultuali miste, elleniche ed indigene in- sieme, caratterizzate dalla collocazione di resti umani all’in- terno di vasi (enchytrismós) a loro volta infilati entro queste camerette13. I dolmen pugliesi, più recenti, risalgono alla prima metà del II millennio a.C., periodo corrispondente alla fase antica del bronzo14. La loro tipologia è abbastanza varia: si passa dai dolmen a galleria dell’entroterra di Bari e di Taranto, alle pic- La cista dolmenica di Butera (Caltanissetta). 16 ANTICHE PIETRE Il tempio di Tarxien (Malta). cole strutture (rettangolari o poligonali) del Salento e, quindi, alle piccole specchie'5, contenenti uno o più monumenti a ca- mera dolmenica. La maggior parte dei dolmen di questa re- gione, proprio perché allogati lungo la costa, ha favorito l’ipo- tesi della diffusione “via mare” del fenomeno. A sud, le isole di Malta e di Gozo custodiscono i com- plessi preistorici più straordinari dell’area mediterranea, i “tem- pli megalitici”. Essi furono costruiti tra il 4000 e il 2500 a.C. circa16,dedicati al culto di una dea della fecondità; i dolmen propriamente detti (in tutto circa una ventina) si fanno risalire al periodo successivo (seconda metà del III millennio). Nella maggior parte dei casi si tratta di piccole camere, con il sof- fitto costituito da un lastrone poggiato su piedritti, attribuite ad un popolo sicuramente diverso da quello che realizzò i pre- 17 Salvatore Piccolo cedenti templi megalitici; un popolo che si presume essere giunto dalla penisola salentina, per la somiglianza che corre tra le costruzioni maltesi e quelle pugliesi17. Anche la Sicilia, negli ultimi anni, sta rivelando la presenza di questi manufatti nell’accezione tombale. Piccoli monumenti dolmenici sono segnalati un po' dappertutto, sia all’interno che sulle coste della nostra regione18. Molti di essi si conservano nella memoria della gente del luogo, distrutti dall’antropizza- zione selvaggia (come ho avuto modo di appurare), altri, pro- babilmente, sono ancora nascosti sotto tumuli di terra in atte- sa di svelare il segreto della loro origine. 18 Note al cap. I ' L. Pigorini, in «Bullettino di Paletnologia Italiana», XXIX (1903), p. 199; S. Miiller, L’Europe Prehistorique, Paris 1907; M. Gervasio, / dolmen e la civiltà del bronzo nelle Puglie, Bari 1913, p. 317. 2 V. Gordon Childe, Preistoria della società europea, op. cit., pp. 175 e sgg. 3 Le ziqqurat erano alte torri a gradoni, di forma rettangolare, con un piccolo santuario sulla sommità. 4 A. Fleming, Recent advances in megalithic studies, in «Origini» VI, Roma 1972, pp. 301-307. 5 Fino a qualche anno addietro si pensava che questa tipologia fos- se attribuibile a popolazioni danesi del 3000 a.C., ispirata da influs- si mediorientali. Le nuove datazioni, invece, indicano che rinnova- zione sia stata suggerita da gente residente in Bretagna (regione nord-occidentale della Francia) sin dal 4000 a.C. 6 Questo tipo di dolmen, si sviluppò nella Spagna meridionale intor- no al V millennio a.C. In questa regione, infatti, sono presenti tom- be con corridoi lunghi anche trenta metri. 7 In Irlanda, in località Newgrange, nella contea di Meath, si erge un dolmen il cui soffitto a falsa volta della camera centrale raggiunge l’altezza di sei metri. 8 L’esigenza di interrare la struttura, scaturì dalla necessità di rende- re più stabile la camera originaria, resasi alquanto articolata. Il tu- mulo, quindi, si pone come elemento protettivo e indicativo di una monumentalità ormai divenuta sotterranea, assumendo proporzioni a volte colossali. Si pensi, ad esempio, che il tumulo di Le Mont Saint Michel, nel Morbihan (Normandia), misura 115 x 58 metri; il tumulo di Newgrange, presso la città di Drogheda (Irlanda), è una grande duna circolare di 115 metri di diametro. 9 I cromlech sono monumenti megalitici formati da enormi pietre, pian- tate in circolo nel terreno, sormontate da lunghi blocchi posti a mo’ di architrave. 10 II menhir è un monumento megalitico costituito da un solo blocco di pietra infisso verticalmente nel suolo. Nel caso in questione si 19 allude ai celebri allineamenti del villaggio di Carnac (sulla costa meridionale della Bretagna), suddivisi in tre gruppi: Valignement di Ménec, composto da ben 1099 menhir distribuiti su 11 file; Kerma- rio, 1029 menhir su 10 file; Kerlescan, 594 menhir schierati su 13 file e 39 pietrefitte disposte in semicerchio. 11 Lo studioso inglese Richard Atkinson, sostenitore dell'applicabili- tà del principio sperimentale anche alle scienze archeologiche, ha dimostrato che settecento uomini armati di robuste corde di cuoio riescono a sollevare una pietra di quasi quaranta tonnellate. Otto uomini sono in grado di spostare un masso di cinque quintali. 12 S. M. Puglisi, Villaggi sotto roccia e sepolcri megalitici della Gal- lura, in «Bull, di Paletn. It.», 1941-42, p.123. 17 P. Orlandini, «Kokalos Vili», 1962, p. 79; cfr. pure D. Adamesteanu, Piano della fiera. Scavo nella necropoli, in «Monumenti Antichi dell’Accademia dei Lincei», voi. XLIV, Roma 1958. 14 Le datazioni radiometriche eseguite su alcuni reperti organici ritro- vati negli insediamenti de La Muculufa e Monte Grande (ambedue in provincia di Agrigento), fanno risalire alla fine del III millennio a.C. (2169 a.C. circa) la datazione più antica del bronzo siciliano; cfr. G. Castellana, op. cit., p. 12 e sgg. I;’ Le specchie sono costituite da un amalgama di pietre informi e fan- go, erette per motivi funerari (piccole specchie) o difensivi (grandi specchie). 16Cfr. A. Bonanno, op. cit., p. 5. 17 Cfr. J. D. Evans, Segreti dell'antica Malta, op. cit., pp. 178-179. llS Cfr. G. Guzzardi, L'area degli Iblei fra l'età del bronzo e la prima età del ferro, op. cit., p. 13; cfr. pure S. Tusa, Il megalitismo e la Sicilia, op. cit., pp. 335-341. 20 n Quattro dolmen a confronto 1. Monte Bubbonici Il fenomeno dolmenico siciliano ha cominciato a suscitare in- teresse tra gli studiosi, tant’è che parecchie segnalazioni, in principio poco considerate, vengono rivalutate alla luce di una nuova forma mentis. La documentazione più ricca sembra attestarsi nell’area sud-orientale, mentre la zona occidentale conterebbe, ad oggi, solo due presunte costruzioni megalitiche: la prima a Sciacca, Il dolmen di Mura Pregne (Palermo). 21 Salvatore Piccolo in contrada San Giorgio (località femmina morta), e l’altra nella zona archeologica di Mura Pregne, sita sul versante nord orientale di Monte San Mauro, tra i comuni di Termini Ime- rese e quello di Sciara1. Noi ci limiteremo al sottotitolo di questo testo, partendo da Monte Bubbonia, una maestosa collina di 595 metri a set- tentrione della città di Gela. Vi si giunge dopo aver percorso un tratto della SS. 117 Le località dolmeniche della Sicilia (contrassegnate con il puntino rosso). 22 ANTICHE PIETRE Il dolmen di Sciacca (Agrigento). Gela-Catania, svoltando per il bivio di Piazza Armerina; nove chilometri più avanti, un incrocio apre sulla sinistra al vecchio asse viario per Mazzarino (riportato dall’Itinerarium Anto- nimi, un’antica mappa stradale di epoca romano-imperiale, la cui importanza documentale è rimarcata da una opportuna segnalazione turistica) che vede l’ingresso al monte dopo ap- pena tre chilometri. La conformazione geologica della collina è abbastanza re- cente, eccetto l’impianto calcareo di base formatosi in età miocenica (dai 23 milioni ai 5 milioni di anni fa), coperto nel pleistocene inferiore (ca. 700.000 anni or sono) da marne sil- tose, sabbie quarzose, quarzareniti e, in ultimo, da sabbie ros- se molto incoerenti che ne fanno un luogo assai friabile e pol- veroso. Agli inizi del Novecento, Paolo Orsi vi condusse le prime campagne di scavo2, individuando sulla sommità del monte un 23 Salvatore Piccolo Paolo Orsi (1859-1935) centro indigeno colonizzato da Gela nel VI sec. a.C., che YOriandini ri- conobbe come l’antica città sicana di Maktorion menzionata da Erodoto, lo storiografo greco per eccellenza3. L’Orsi identificò per primo il dolmen di cui ci apprestiamo a parlare4, ricor- dato da Ccissataro5 e, successivamen- te, da Pancucci6. Il monumento si colloca a ridosso del ciglio di una strada sterrata che percorre il fianco orientale del monte e sale verso l'acropoli, a tre quarti di via, in una posizione che sovrasta notevolmente una piana circondata dai monti. Ricavato da sfaldature colossali della roccia, senza apportarvi correzioni significative, il dolmen ha forma rettangolare. La piastra calcarea che funge da copertura (incassata posterior- mente al rialzamento naturale del terreno), poggia su due mo- noliti che coiTono paralleli tra di loro e determinano una ca- mera di circa 2,60 mq. Il blocco di destra, più corto sin dal- l’origine, fu accresciuto per mezzo di due conci irregolari e so- vrapposti, colmando con sassi di piccole dimensioni gli inter- stizi determinati dalla difformità di quegli elementi aggiuntivi. La parete posteriore è stata realizzata mediante l’accosta- mento di due lastre a forma poligonale. Quella di destra, an- cora oggi supera il livello della piastra di copertura, con l’evi- dente intenzione di proteggerla da eventuali frane del terreno soprastante; l’altra, più bassa, fu integrata con piccole pietre informi. I frequenti smottamenti del terreno hanno prodotto una visibile flessione del filare di destra, determinando il re- stringimento della parte iniziale della camera. L’ingresso, ri- 24 ANTICHE PIETRE volto a nordest, segue lo stesso orientamento rilevato negli al- tri dolmen siciliani. Poco più giù, seguendo l’inclinazione naturale del fianco col- linare, sembra giacere il lastrone di chiusura. Le sue dimensio- ni, abbastanza omogenee alla struttura principale, suggerisco- no che possa trattarsi proprio del portello di chiusura, ben con- facentesi allo spazio delimitato dai due filari. L’idea architettonica originaria sarà stata senz’altro una tom- ba a camera, di dimensione ridotta (presente anche in Sarde- gna e in Puglia), con l’estremità posteriore poggiata al declivio del colle per facilitarne la tumulazione, com’era consuetudine per questo genere di architettura, il cui ricoprimento con terra e pietrame è riscontrabile ovunque si sia manifestata. Sebbene la collina sia stata interessata da lunghi lavori di rimboschimento (che ci avranno privato di un bel po’ di indi- zi), non è avventato collegare il monumento in questione agli Il dolmen di Monte Bubbonia (Caltanissetta). 25 Salvatore Piccolo accertati insediamenti preistorici di questo lato nord-orienta- le del monte, che vanno dalla prima età del bronzo a quella di Pantalica III e IV (850-1-700 a.C. circa)7. Al momento della prima esplorazione, V Orsi rinvenne al- l’interno della tomba un fine boccaletto con labili tracce di dipintura8 che lo portarono a datare il sepolcro al VII sec. a.C. Non bisogna però trascurare il fatto che nell’antichità, specie tra le classi meno abbienti, era consueto servirsi di oggetti pre- cedentemente usati. Il ritrovamento, quindi, all’interno del no- stro manufatto di oggetti cronologicamente posteriori ad esso, non deve fuorviare, ma si interpreta alla luce di una migliore determinazione della realtà dolmenica siciliana, di cui lo stu- dioso roveretano aveva già colto i segni nelle lastre megaliti- che da lui stesso rinvenute nel 1898 a monte Racello, presso la cittadina di Comiso. Dolmen di Monte Bubbonia (pianta). 26 Scheda tecnica del monumento Lunghezza complessiva del monumento: mt. 2,20 larghezza complessiva del monumento: mt. 1,20 lunghezza filare dx: mt. 1,25 lunghezza filare sx: mt. 2,10 flessione filare dx: 20°.a sx larghezza lastra dx (parete posteriore): mt. 0.78 altezza lastra dx (parete posteriore): - mt. 1.00 larghezza lastra sx (parete posteriore): mt 0.60 altezza lastra sx (parete posteriore): mt. 0.52 spessore masse calcaree: mt. 0.35 lunghezza portello di chiusura: mt. 1,30 larghezza portello di chiusura: mt. 0,69 spessore portello di chiusura: mt. 0,40 altezza del monumento: mt. 1,40 orientamento 24° NE Riferimento geografico: carta I.GM. 1/25.000 - F° 272 I N.E. Salvatore Piccolo 2. Cava dei Seivi Nella regione montuosa degli Iblei, là dove nasce il Tellesi- mo, che dopo pochi chilometri versa le sue acque nel fiume Tellaro, il quale, a sua volta ingrossato da diverse diramazio- ni, sfocia a sud del lido di Noto, nel mar Ionio, sorge una delle tante cave, la più tortuosa di questo frastagliato territorio, de- nominata Cava dei Servi. Il luogo, qualche chilometro a sud della frazione di San Gia- como, apre a una Riserva Naturale dai contenuti preistorici a dir poco eccezionali. La conformazione geologica di queste zone è piuttosto va- ria, costituita da un alternanza di biocalcareniti cementate a ma- croforaminiferi di colore bianco grigiastro, in banchi ad anda- mento irregolare dello spessore compreso tra 50 cm. e 2-3 mt., e di calcareniti marnose bianco crema, scarsamente consoli- date, che costituiscono il membro Irminio della formazione Ragusa, cioè il membro superiore in cui tale formazione è di- visa (la parte inferiore, membro Leonardo, non affiora in zona). I terreni marnoso argillosi, facilmente erodibili, si sono mo- dellati in forme sub-pianeggianti e dolcemente ondulate, dan- do origine a basse colline sorte tra l'oligocene superiore e il miocene inferiore (tra ventisei e venti milioni di anni fa). L’azione erosiva dell’acqua ha determinato gole ripidissi- me e profonde che caratterizzano gran parte del territorio ra- gusano e siracusano, spiegandosi in tal modo l’esistenza di cave inaccessibili ed aspre che da sempre hanno dato rifugio a gruppi umani. A Cava dei Servi, la depressione creata dai torrenti ha 28 ANTICHE PIETRE reso inaccessibile un piccolo promontorio (probabile sito di un acropoli preistorica) circondato da pareti scoscese e col- legato alla montagna da uno stretto e ben difendibile varco. Il dosso è stato sede di concentrazioni umane a partire dall'età del bronzo antico sino all’età di Pantalica / (1250-1000 a.C. circa)9, periodo al quale si riferiscono le numerosissime sepolture a grotticella artificiale scavate nel fianco delle pareti rocciose10. Sono oltretutto documen- tate sepolture ad enchytrismós (all'interno di grossi vasi) e oggetti ceramici che avranno costituito i corredi funebri degli inumati11. Quest’area, di poco lontana al massiccio di Monte Lauro, suscitò interesse sin dall’età del rame perche', come tutta la regione iblea, garantiva ottime opportunità commerciali gra- zie all’estrazione della selce, facilmente trasportabile a valle per le vie fluviali del Tellaro e dell'Anapo12. Nella parte soprastante gli strapiombi, lungo uno dei corsi meno tortuosi della cava, pochi metri più in alto dell'unica stra- da che conduce in fondo alla gola, una costruzione a lastre di media grandezza domina un paesaggio che non si esime dal suscitare mistiche suggestioni. Il monumento, che segue un andamento semiellittico, è fonnato da quattro piastre rettangolari, infìsse nel terreno, sulle quali se ne dispongono altre tre, inclinate quanto basta per ridurre la superficie di copertura e modellare una falsa cu- polar due grossi macigni a forma di parallelepipedo conclu- dono la costruzione. I quattro piedritti che determinano la curvatura hanno mi- sure pressoché uniformi, a riprova di un’abilità costruttiva volta a creare rapporti di corrispondenza fra i singoli elementi del 29 Salvatore Piccolo Il dolmen di Cava dei Servi (Ragusa). manufatto, così da garantirne la staticità; le tre lastre sovrap- poste, invece, hanno dimensioni meno regolari, in quanto non esercitando alcuna funzione stabilizzante sarebbe stato super- fluo ricercarne la precisione. AH’intemo della camera, una grande piastra calcarea frat- turata in quattro punti sembra essere stata la pietra di volta del monumento, rovinata al suolo a causa del progressivo sci- volamento della struttura. Le sue dimensioni, ed alcuni ritro- vamenti al di sotto di essa (di cui parleremo più avanti), sem- brano convalidare la tesi del soffitto. Infatti, tutti i pezzi a terra farebbero parte di un grande monolito, squadrato anterior- mente per combaciarvi il portello di chiusura; i blocchi ai lati fungevano da stipiti, rinforzando una parte alquanto sollecita- ta da ricorrenti aperture. La disposizione delle pietre dava for- ma a una costruzione di circa 3,00 mq., realizzata sul decli- 30 ANTICHE PIETRE vio del colle per facilitarne l’interramento. Una casualità a dir poco fortunata mi ha permesso di sta- bilire funzione e cronologia di questo singolare fabbricato, gra- zie al rinvenimento di numerosi frammenti ossei umani13 (unici indizi organici finora ritrovati all’interno di un dolmen medi- terraneo) e qualche scheggia di ceramica castellucciana14. I resti antropici hanno confermato la natura sepolcrale del manufatto, mentre il ritrovamento seppur di pochi cocci ha consentito di datare il dolmen al bronzo antico. La sua di- Resti antropici rinvenuti dall’Autore nel dolmen di Cava dei Servi e, nel- l’ultima foto, frammenti di ceramica Castellucciana. 31 Salvatore Piccolo slocazione nei dintorni di un cimitero rupestre, conferma la con- vinzione che non si sia trattato del tentativo di superare un’ar- chitettura particolarmente impegnativa e pericolosa, come la grotticella artificialel5, ma si è di fronte ad elaborazioni del tutto originali. La località, quindi, avrà accolto anche una necropoli dolme- nica. Ipotesi per nulla peregrina se si da credito al racconto di alcuni operai che lavoravano nella zona: qualche anno prima della mia ricognizione, un gran numero di quelle tombe, complete di scheletri e corredi funerari, erano state divelte e disperse dalla violenta azione delle ruspe impegnate nella realizzazione di una strada limitrofa alla Riserva. Un danno irreparabile, che ci avrà privato di moltissimi dati oltre a rendere difficoltoso il confron- to con taluni dolmen esistenti nella penisola iberica, in Sarde- gna e in Puglia, costruiti allo stesso modo. Pure la vicina Malta conserva architetture che lasciano pre- supporre una comune, origine del fenomeno. Proprio qui po- trebbe svelarsi il mistero che aleggia attorno ai costruttori dolmenici siciliani. Circa quattromilacinquecento anni fa, nel piccolo arcipelago a sud della Sicilia, l’evoluta civiltà di Tarxien16 svanì di colpo. L'archeologo maltese Themistocles Zammit, ai primi del Nove- cento, ipotizzò che l'improvvisa scomparsa di quella comunità fosse da addebitare a un evento eccezionale, probabilmente una violenta epidemia di peste che avrebbe spopolato le isolette fino alfarrivo, parecchi secoli più tardi, di un’altra etnia. Le tracce del nuovo popolo, però, si sono rivelate immediatamente suc- cessive al piimo, riscontrate, inizialmente, nel “cimitero a crema- zione” di Tarxien, da cui l’appellativo di Cultura del cimitero di Tarxien. 32 ANTICHE PIETRE Dovette trattarsi, dunque, di un’invasione bella e buona, per- petrata da gente che in primo tempo si pensò essere sopraggiunta dalle isole Eolie, per l’affinità della loro ceramica a quella di Capo Graziano17', ma alle Lipari non solo mancano le forme vascolari più elaborate del cimitero di Tarxien, bensì è diversa la deco- razione^ . Ciò escluderebbe una provenienza liparota degli in- vasori. A dissipare definitivamente il dubbio che si trattasse di gente di origine “eoliana”, concorsero alcuni ritrovamenti ceramici nel- lo stile del cimitero di Tarxien all’interno di due dolmen maltesi (architetture estranee alle isole Eolie), che fanno imputare i pic- coli megaliti di Malta e di Gozo al popolo del cimitero di Tarxien19; ma che questi monumenti venissero utilizzati come tombe resta solo una congettura, forse superata dai rinvenimenti del dolmen di Cava dei Servi, la cui forma, oltretutto, ricorda analoghe strutture presenti in una vasta area del Mediterraneo. 0 I 2 in 1 ——j Dolmen di Cava dei Servi (pianta). 33 Scheda tecnica del monumento altezza lastra inf. ( T da dx): mt. 0,89 larghezza lastra inf. ( la da dx): mt. 0,89 spessore lastra inf. (la da dx): mt. 0,22 altezza lastra inf. (2a da dx): mt. 0,99 larghezza lastra inf. (2a da dx): mt. 0,61 spessore lastra inf. (2a da dx): mt. 0,28 altezza lastra inf. (3a da dx): mt. 0,88 larghezza lastra inf. (3a da dx): mt. 1,08 spessore lastra inf. (3a da dx): mt. 0,20 altezza lastra inf. (4a da dx): mt. 0,93 larghezza lastra inf. (4a da dx): mt. 0.88 spessore lastra inf. (4a da dx): mt. 0,18 lunghezza lastra sup. ( 1a da dx): mt. 0,85 larghezza lastra sup. (la da dx): mt. 0,69 spessore lastra sup. (la da dx): mt. 0,20 lunghezza lastra sup. (2a da dx): mt. 0.46 larghezza lastra sup. (2a da dx): mt. 0.43 spessore lastra sup. (2a da dx): mt. 0,19 lunghezza lastra sup. (3a da dx): mt. 0,63 larghezza lastra sup. (3a da dx): mt. 1,15 spessore lastra sup. ( 3a da dx): mt. 0,20 altezza blocco ant. dx: mt. 1,17 larghezza blocco ant. dx: mt. 0,77 spessore blocco ant. dx: mt. 0,62 altezza blocco ant. sx: mt. 0,80 larghezza blocco ant. sx: mt. 0,60 spessore blocco ant. sx: mt 0.80 orientamento 65° NE Riferimento geografico: carta I.G.M. 1/25.000 - F° 276 I N.E. Inventario dei reperti umani trovati al di sotto del lastrone del dolmen di “Cava dei Servi” Gli otto denti si presentano perfettamente conservati, con lo smalto di protezione inalterato. L'arrotondamento della base dei molari e la consunzione delle pareti degli incisivi indicano l'appartenenza ad un individuo piuttosto maturo. N° 1 frammento di mandibola dx di infante, con premola- re ancora non fuoriuscito dal bordo mandibolare; - N° 1 disco vertebrale di infante; - N° 1 corpo vertebrale di adulto; - N° 1 frammento quasi completo di vertebra cervicale di adulto; - N° 3 frammenti di vertebra in diversi punti; - N° 5 frammenti di cranio; - N° 1 rotula; - N° 3 metapodiali, di cui un metatarsale e due metacarpali - N° 1 frammento di scapola; - N° 2 frammenti di bacino; - N° 1 frammento di dialisi di ulna; - N° 2 frammenti di tibia; - N° 1 frammento di diafisi di fibula; - N° 1 frammento di bacino (cresta iliaca). N° 3 frammenti informi di argilla cruda, di impasto gros- solano e con tracce di ocra rossa sulla superficie, riferibili alfetà Castellucciana. N° 4 incisivi; - N° 1 premolare; - N° 3 molari; Salvatore Piccolo 3. Cava Lazzaro Percorrendo la Rosolini-Modica, giunti al Km 8 e svoltando sulla destra, la strada comunale Pernicella-Marchesa condu- ce al pianoro sovrastante a una Cava (detta “Grande”) che incide in maniera sinuosa e profonda parte del territorio di Rosolini. Il suo tratto iniziale, denominato Cava Lazzaro, è compreso nella porzione meridionale dell’altopiano ibleo. Qui, le millenarie incisioni torrentizie hanno provocato profonde fen- diture tra le quali si è sempre trovato riparo e nutrimento. Scendendo dal versante destro della Cava, per le brevi e ripide terrazze naturali, le pareti rocciose appaiono forate da tombe a grotticella artificiale, a forno, a volta con ante- cella vestibolare, tutte risalenti alla facies Caste llucciana20. La zona, sin dalla seconda metà dell’Ottocento rivelò un Tomba del Principe (Cava Lazzaro, Siracusa). 36 ANTICHE PIETRE numero considerevole di testimonianze preistoriche, grazie alle esplorazioni condotte dall'antropologo tedesco Ferdinand von Andrian-Werburg che, in una delle tante caverne all’in- tomo, rinvenne svariati manufatti in pietra, qualche frammen- to di ceramica risalente al bronzo antico e parecchi reperti os- sei, sia umani che appartenenti ad animali diversi21. Grande meraviglia suscitò il ritrovamento di un frontale umano, la cui depressione ricordava la conformazione cranica dei Neander- thal, nonché un'ascia in materiale lavico22, analoga a quelle trovate nella lontana Irlanda23. Sulla stessa terrazza è ubicata la famosa tomba “del prin- cipe”, che sfoggia un monumentale prospetto incavato nella roccia calcarea, a otto finti semipilastri, con incisioni a dop- pia lisca di pesce, a disco puntinato24 e a triangoli2'. Dalla Grotta Lazzaro26, già indagata dal von Andrian, proviene uno degli enigmatici ossi a globuli21, che Tusa propone di inter- pretare come impugnature di coltelli28. Giunsi in questo luogo suggestivo, incuriosito dalle poche righe riportate sul libro di un erudito siracusano, in cui si as- seriva la presenza di un “monumento megalitico” peraltro il- lustrato da una brutta fotografia29. Il presunto dolmen, che sorge di poco a ponente della tomba del principe, lascia li per lì perplessi, pur lasciando intravedere resti di enormi edi- fici in pietra rotolati lungo il pendio del colle e ammassatisi nello stesso punto. Infatti, scostandomi di qualche centinaio di metri a ovest del “groviglio” segnalato dal Bongiorno, lo- calizzai due ortostati che avranno costituito la parte centrale di una struttura paragonabile a quella di Cava dei Senn. Qui, invece che le lastre, sono stati utilizzati due grossi bloc- chi di calcare bianco-grigiastro della zona, disposti in manie- 37 Salvatore Piccolo ra tale da imprimere alla costruzione la forma semicircolare. I macigni superstiti, sbozzati con l'impiego della mazza, poggiano sul pavimentato calcareo che contraddistingue quel territorio. L’esistenza di un sostrato duro imponeva l'uso di blocchi a base ampia, accostati comunque al dislivello del ter- reno. Infatti, la parte posteriore dei due residui è visibile solo per un quarto della loro altezza: metodo collaudato, come ab- biamo visto, per facilitare il ricoprimento dell’intero edificio con terra e fango. La differenza di spessore osservabile in uno dei monoliti, è stata causata dagli agenti atmosferici che si sono maggiormente sbizzarriti su quel lato. La maestria dell'uomo è encomiabile se si guarda alla de- formazione del basamento del blocco sinistro, superata dai no- stri avi mediante l’inserimento di due zeppe, di cui una ben modellata, che mantengono ritto anche quell'elemento nato di- fettoso. Un taglio obliquo percorre la parte superiore di am- bedue i macigni (il blocco destro, molto più rovinato dell'al- tro, rende appena leggibile la stessa incisione). Questa sago- matura della pietra, ripetuta probabilmente anche sulle altre scomparse, fa pensare alla sovrapposizione di una sequenza ordinata di lastre che, disposte obliquamente, avrebbero ri- stretto la superficie di copertura in modo da generare una fal- sa cupola. La dimensione della cella è alquanto difficile da definire, ma seguendo una ipotetica curvatura può stabilirsi un’area di base di circa 4,00 mq. Ancora disposti in cerchio permangono i frammenti di ciò che potrebbe essere stata una costruzione funeraria. Un grosso masso rotondeggiante, posto a sinistra dei due piedritti, avrà costituito parte del tetto. 38 ANTICHE PIETRE Il dolmen di Cava Lazzaro (Siracusa). Qualche anno dopo la mia perlustrazione, il rudere veniva riscoperto da un appassionato cultore d’archeologia, l’arch. Giuseppe Libra30, che approdava a conclusioni analoghe a quelle da me sostenute31; ma Libra faceva di più, riuscendo a scorgere attorno ai due monoliti un recinto circolare di pie- tre che ricorda una caratteristica riscontrabile in molti dolmen atlantici e mediterranei (Olanda, Spagna, Corsica, Sardegna, Puglia e Malta). Questa tipologia costruttiva, già analizzata più a settentrione, a Cava dei Servi, si rifà all’opera di uno stesso popolo sparso per tutto l’altopiano ibleo e convivente con un’altra etnia, quella cioè che elaborava ed utilizzava le tombe scavate nella roccia, ciascuno mantenendo gelosamente il prodotto delle proprie tradizioni. L’assenza di elementi utili alla datazione, non ci permette 39 Salvatore Piccolo di comprendere l’età del monumento; tuttavia, la sua corri- spondenza con quello analizzato al paragrafo precedente, ci incoraggia a considerarlo un manufatto risalente alla fine del terzo o ai primordi del secondo millennio a.C. (fase del bronzo antico). Dolmen di Cava Lazzaro (pianta). 40 Scheda tecnica del monumento altezza monolite dx mt. 1,06 larghezza monolite dx mt. 0.84 spessore monolite dx mt. 0,75 altezza monolite sx mt. 1,06 larghezza monolite sx mt. 0,76 spessore monolite sx mt. 0.37 orientamento 50° NE Riferimento geografico: carta I.GM. 1/25.000 - F° 276 I S.E Salvatore Piccolo 4. Lo pseudo dolmen di Avola Avola è un grosso centro rivierasco compreso tra i fiumi As- sinaro e Cassibile, sulla costa orientale dell’isola, venti chi- lometri più a sud di Siracusa. Nessuna fonte letteraria accenna a quella che potrebbe es- sere stata una delle più antiche città della Sicilia, entro il cui territorio si scorgono testimonianze archeologiche abbastan- za remote. Tracce, presenti sia sulla montagna sovrastante32, sede della città medievale sino al 1693 (data in cui, distrutta dal terremoto fu abbandonata per l’attuale sito), che sul lito- rale, laddove il ritrovamento di statuette di epoca ellenisti- co-romana33, dei resti di una villa del I sec. a.C.3* e di nu- merosi ipogei cristiani35, comprovano la frequentazione di queste zone. Proprio lungo la strada statale per Siracusa, all'altezza del- l’ospedale civico, si apre sulla destra un’angusta via che fian- cheggia il letto di un torrente. Ivi, la lenta azione erosiva delle acque ha delineato una vallata, denominata Cava L'Unica, alla cui destra, a ridosso di una paretina rocciosa, è situato il presunto monumento megalitico. Questa zona, periferica ri- spetto al centro urbano, è indicata con il nome di Contrada Borgellusa. Il dolmen, individuato nel 1961 dall’insegnante avolese prof. Salvatore Ciancio, era così ricoperto di terra da sem- brare unito alla parete rocciosa retrostante. La parvenza di un ingresso aveva da sempre fatto ritenere che si trattasse di una grotta. Il Ciancio, dopo aver analizzato attentamente l'anfratto, finì per convincersi di trovarsi di fronte ad un antico manufat- 42 ANTICHE PIETRE to che correva il rischio di rimanere celato allo studio dell’uo- mo. L'autorevolezza e la serietà del ricercatore, consigliaro- no agli amministratori comunali del tempo di far ripulire la struttura, liberando dal tumulo accumulatosi nei secoli unV/r- chitettura a dir poco singolare, che forti polemiche suscitò tra il suo scopritore, certo di trovarsi dinanzi ad un opera me- galitica, e la scienza ufficiale dell’epoca. Il Consesso civico avolese, confidando sulle argomenta- zioni addotte dall’illustre concittadino, pensò bene di recinta- re e vincolare quella zona, evitandole comunque l’abusivismo edilizio che nel frattempo dilagava incontrollabile anche in luo- ghi notoriamente ricchi di giacimenti archeologici. I giornali, dal canto loro, diedero grande risalto alla scoperta, annotan- do minuziosamente le visite che archeologi di chiara fama de- dicarono al presunto dolmen. Si susseguirono Luigi Bernabò Brea, allora soprintendente ai Monumenti e alle Belle Arti di Siracusa, e Giorgio Vinicio Gentili, ispettore della stessa soprintendenza, i quali, stando alle notizie giornalistiche, manifestarono non pochi dubbi; non- ché Giuseppe e Santi Luigi Agnello36, e Paolo Griffo, so- printendente, quest’ultimo, di Agrigento. Giunse anche Giuseppe Laghi, frate dell'ordine domeni- cano, docente di Storia dell’Arte presso l’Università di Fi- renze, che mostrò grande interesse per il “monumento”, ripro- mettendosi di approfondirne gli studi, e Daniel F. Me Cali, preside della facoltà di Etnologia all'Università di Boston, che nel 1964, dopo una visita alla caratteristica costruzione, con- cluse che la stessa avrebbe potuto essere iscritta a pieno ti- tolo tra le opere megalitiche11. L'edificio, circondato oggi da una selvaggia e prorompente 43 Salvatore Piccolo vegetazione, sembrerebbe a prima vista costituito da una enorme “tavola calcarea” di spessore variabile, poggiante es- senzialmente su due “pilastri”. Le diverse fratture di questa la- stra hanno imposto l’erezione di tre supporti in mattoni, fatti erigere dall’amministrazione comunale. Corrugata in superfì- cie, la tavola è davvero enorme con i suoi quasi otto metri di lunghezza e cinque metri e mezzo di larghezza. La parte settentrionale della piattaforma, che sembra po- li “dolmen” di Avola (Siracusa). sarsi su un “pilastro” isolato ed informe, è più consistente, as- sottigliandosi sino allo spessore di mezzo metro nella parte orientale che, a sua volta, si sovrappone ad un pronunciamen- to del suolo a base molto ampia. La parete rocciosa retrostante, da cui il lastrone è obbiet- tivamente staccato da una linea di frattura, sbarra ad emici- 44 ANTICHE PIETRE ciò, in direzione ovest-sudest, la parte posteriore; a questa parete è collegato il “pilastro” sinistro. Sulla superficie della lastra, spaccata in due punti, si os- servano dieci piccoli incavi rettangolari, ricavati nella parte più spessa del calcare e variamente orientati per non indebolire la consistenza del piano. Le buche hanno diversa lunghezza, oscillante tra i sessanta centimetri e il metro e venti dell’ulti- ma fossa interrotta dalla frattura dell’estremo meridionale; la “Dolmen” di Avola. Particolare del pilastro sinistro. loro profondità non supera i quaranta centimetri. Si è forse di fronte a tombe di bambini, utilizzate in epoca greca o paleo- cristiana. Al momento della loro scoperta, il Ciancio non tro- vò alcun elemento di datazione, ma, considerata l’avversione dei primi cristiani a seppellimenti facilmente localizzabili, poi- ché maggiormente esposti ad azioni di sciacallaggio, se ne de- 45 Salvatore Piccolo duce Fuso in periodo greco. Lungo l’estremo orientale del lastrone coirono due solchi che si congiungono ad angolo retto. Attorno a queste due in- cisioni si è sbizzarrita certa 4‘letteratura” fantastica dell’epo- ca, compiacendosi di interpretarli come canalette per lo sco- lo del sangue di improbabili vittime sacrificali. Si tratta, inve- ce, di tacche prodotte dall’estrazione di un blocco di calcare di circa un metro cubo, cavato nel punto che più si conface- va alla misura occorsa. Al di sotto della piattaforma si apre un antro di ben 30 mq., aperto su due lati (nord ovest e nord est) e alto poco più di un metro e mezzo. Uno sguardo superficiale alla struttura avrebbe potuto farci cadere in errori marchiani, superati grazie al contributo del geologo dott. Giuseppe Ansaldi, il cui giudizio tecnico costi- tuisce il prologo e, allo stesso tempo, l’augurio per un’inda- gine a più largo raggio: “Trattasi di una piccola grotta di abrasione marina modellata nella formazione calcarenitica pleistocenica, qui costituita da un 'alternanza di strati più competenti, dello spessore di 0.50-1.20 mt., con livelli arenitico-sabbio si cen- time trici. La parete è impostata su una linea di discontinuità con orientamento NW-SE, lungo la quale corre, in questo trat- to, l'incisione valliva. Sono presenti pure diaclasi e fratture minori apparte- nenti ad un sistema subortogonale a quello descritto, con direzione N 30°-3 5°E. L'intersezione delle due famiglie di discontinuità, ben visibile sul fronte della parte, ha smembrato la roccia in blocchi contigui di vario volume. Secondo tali direttrici 46 ANTICHE PIETRE si è esercitata l'azione abrasiva marina e quella fluviale. La formazione della cavità è il risultato dell'azione ero- siva selettiva della roccia, con asportazione più rapida ed intensa della porzione basale più tenera (straterelli deci- metrici arenitico-sabbiosi), fino al contatto con il sovra- stante bancone più compatto e resistente che funge da tet- to della cavità. Nel progredire dei processi erosivi, le contestuali vicen- de tettoniche, sismiche e bradisismiche dell'area, quest'ul- time evidenziate dalla sommersione di insediamenti e ma- nufatti d'epoca preistorica e storica, hanno prodotto il di- stacco della cavità dalla parete rocciosa che, nel suo in- sieme, ha subito una roto-traslazione verso valle, con apertura a monte di una larga fenditura e inclinazione del sostegno di destra della volta, così come evidenziato dal- l'accentuata anomala immersione assunta dagli straterelli arenitico-sabbiosi che la compongono. Il distacco della cavità dalla parete è cronologicamente posteriore alle preesistenze sepolcrali realizzate sulla super- ficie del banco a tetto della cavità. Ciò è chiaramente evi- denziato dal fatto che la fenditura prodottasi sulla parete, ha interessato, spezzandole, alcune delle celle sepolcrali esi- stenti sulla superfìcie superiore del bancone di tetto. Sulla scorta delle osservazioni compiute, non vi è dub- bio che si è in presenza di una forma naturale di erosio- ne, del resto assai frequente lungo le falesie costiere e le pareti vallive. E altresì evidente che in tempi preistorici Voriginaria forma naturale sia stata rimodellata da interventi antro- pici di scavo operati seguendo le soluzioni di continuità 47 Salvatore Piccolo naturali dell’ammasso roccioso, con l’intento di ampliare e geometrizzare la cavità sino a farle assumere l’aspetto attuale. Le tracce di tali interventi sono visibili sia nel con- torno dei pilastri, cui è stata conferita forma pseudopa- rallelepipeda, ricavati dalle pareti laterali dell’ingrottato, sia nel bancone calcarenitico di volta, la cui base è stata ripulita dai materiali arenitico-sabbiosi sottostanti seguen- done la superficie di stratificazione inferiore L’analisi del geologo, dunque, non preclude l’intervento dell’uomo su un impianto naturale che potrebbe essere stato adattato a sperimentate elaborazioni architettoniche. Po- trebbe supporsi un intervento a scopo abitativo, ma ciò osta con l’aspetto della struttura: l’apertura dei lati è incompatibi- le con la logica del ricovero domestico. Qualora si pensasse ad un rifugio occasionale, l’intervento umano lo ha reso così Il dolmen, ormai scomparso, di Solarino (Siracusa). 48 ANTICHE PIETRE vulnerabile da rendere illogica ogni pur minima considera- zione di “riparo”. L'accorgimento, invece, sembra essere il tentativo di “mo- numentalizzare” un’opera che la provvida Natura avrebbe in massima parte risparmiato agli uomini, ben confrontabile con le poderose costruzioni megalitiche dell’Europa Atlantica. La Sicilia sud-orientale è stata testimone del fenomeno dolmenico, come comprovano le numerose segnalazioni av- venute tra gli anni 1960-80 nei territori di Gìarratana, Marina di Modica e Noto. A Belvedere, sovrastante quar- tiere di Siracusa, si ricorda una costruzione trilitica di mi- sure eccezionali. Altre tracce furono rinvenute a Solarino, nei pressi della masseria Corruggi: quattro piedritti in circolo, alti poco più di un metro, reggevano sulla loro sommità un macigno fun- gente da copertura. La forma dell’edificio, come ebbe a di- chiarare il professore Rodolfo Striccoli, docente di preistoria e protostoria presso l’Università di Bari, richiamava una ben nota tipologia di dolmen presenti in Puglia38. Del reperto non resta più nulla, perché coperto da tonnellate di terra rimossa per lo scavo di una grande diga idroelettri- ca realizzata là dove si ricordano analoghe co- struzioni. Anche a Vil- lasmundo (Melilli), in contrada Petraro, nei pressi del fiume Muli- nello, esisteva un’ope- ra megalitica: della sua II dolmen di Villasmundo (Siracusa). 49 Salvatore Piccolo presenza resta solo qualche foto sbiadita dal tempo che ri- trae un enorme masso sovrapposto, da un lato, a due orto- stati (l’altra estremità, invece, dovette scivolare accidentalmen- te sul terreno, abbattuta da secoli di intemperie). Ritornando allo “pseudo” dolmen di Avola, è opportuno chiarire che non si vuole legittimarne lo status attraverso la semplice analisi esteriore, né si è così imprudenti da ritenere superflua l’indagine archeologica. Al contrario, invece, si è convinti che sarebbe opportuna l'azione incontrovertibile del piccone, quant’anche per sciogliere un dubbio che si trascina ormai da più di quarant’anni. .■'ni Pseudo dolmen di Avola (pianta). 50 Scheda tecnica del monumento lunghezza lastrone orizzontale mt. 7,90 larghezza lastrone orizzontale mt. 5,50 spessore lastrone orizzontale mt. 1,70t o vO © altezza pronunciamento del suolo dx mt 1,12 altezza pronunciamento del suolo sx mt. 1,47 lunghezza loculi (n. 10) mt. 0,60t •1,20 larghezza loculi mt. 0,26^ ■0,54 profondità loculi mt. 0.40 misura taglio calcareo effettuato sul tavolato mt. 1,00x1,00 profondità del taglio mt. 0,60 superficie dell'antro m2 30 altezza della cavità mt. 1,45-f -1,50 orientamento 35° NE Riferimento geografico: carta l.GM. 1/25.000 - F° 277 IV N.E. Note al cap. II 1 S. Spadafora, op. cit, pp. 48-65. 2 P. Orsi (a cura di D. Pancucci), Esplorazioni a Monte Bubbonia dal 1904 al 1906, in «Archivio Storico Siracusano» n. s. II (1972-73). 3 Erodoto, VII, 153,2. Cfr. P. Oliandini, Omphake e Maktorion, in «Ko- kalos», VII ( 1961 ), pp. 165 e sgg. 4 P. Orsi, ibidem, p. 46. 5 «Sicilia Archeologica», 52-53, anno XVI, 1983, p. 71. 6 D. Pancucci/M.C. Naro, Monte Bubbonia, campagne di scavo 1905, 1906, 1955, in «Collana di Monografie pubblicate dal Centro di Stu- di storico-archeologici “Biagio Pace”», 1992, p. 151. 7 Cfr. D. Pancucci, Monte Bubbonia, in «Sicilia Archeologica», n. 23, dicembre 1973, p. 55. [Pantalica, abbarbicata sulle alture interne del siracusano che dominano la valle del fiume Anapo, tra le città di Sortino e Feria, dà il nome alla fase finale del bronzo siciliano, a sua volta suddivisa in quattro periodi compresi tra il 1250 a.C. al 700 a.C. circa]. 8 P. Orsi, ibidem. 9 M. Del Campo/G. Scrofani, Insediamenti preistorici nella Cava dei Servì, in «Un quinquennio di attività archeologica nella provincia di Siracusa», 1971, pp. 20-21. 10 G. Di Stefano, Piccola guida delle stazioni preistoriche degli Iblei, op. cit., pp. 85 e sgg. 11 G. Di Stefano, Cava dei Servi, in «Studi Etruschi», voi. XLVI (serie III), p. 577. 12 L. Guzzardi, Civiltà indigene e città greche nella regione iblea, op. cit., p. 17. 13 I resti ossei appartenevano a due individui, uno adulto e l’altro an- cora in tenera età. 1 frammenti di cranio, per il loro spessore anoma- lo, hanno permesso di diagnosticare nella persona adulta una pato- logia clinica abbastanza comune dalle nostre parti, la talassemìa (ane- mia mediterranea). 14 La Cultura di Caste/luccio (dal nome del sito ubicato ad una ven- tina di chilometri da Noto), risale alla prima fase dell'età del bronzo (bronzo antico). Il popolo ccistellucciano pare provenisse dall’Ana- 52 tolia centrale, per l’evidente somiglianza della ceramica siciliana di questa facies culturale siciliana a quella mediorientale, e contem- poranea, detta «Cappadocia»', cfr. L. Bernabò Brea, La Sicilia pri- ma dei Greci, op. cit., pp. 109-110. 15 Cfr. G. Di Stefano, La collezione preistorica della “Grotta Lazza- ro” nel museo civico di Modica, op. cit., p. 108; cfr. pure P. Orsi. Miniere di selce e sepolcri eneolitici a Monte Tabulo e .... op. cit., p. 203. i(> Località situata nella parte orientale di Malta, scavata dallo Zammit tra il 1915 e il 1917. Si tratta di un complesso di quattro templi che si estendono su un area di 5.300 mq., al cui interno fu rinvenuta la metà inferiore di una gigantesca statua rappresentante la divinità del luogo. Gli invasori dell’età del bronzo, ricavarono dalle rovine dei templi precedenti una ricca necropoli a cremazione. Altri com- plessi templari minori si trovano ad Hagiar Kim, Mnaidra, Mgiarr, Sorba, sull’isola maggiore, e Gigantija a Gozo. 17 Villaggio situato sull’omonimo promontorio dell’isola di Filicudi (Eo- lie), da cui prende il nome una Cultura della prima età del bronzo; ne è caratteristica il tipo di ceramica piuttosto grossolana, ornata con incisioni lineari inframmezzate, a volte, da disegni (geometrici o floreali) ottenuti mediante punzione del manufatto ancora umido. 18 Cfr. J. D. Evans, Segreti dell’antica Malta, op. cit., p. 177 e sgg. 19 Cfr. J. D. Evans, ibidem, p.176. 2(1 G. Di Stefano. Nuovissimi documenti tombali della prima età del bronzo a “Cava Lazzaro”, op. cit., p. 12 e sgg.; cfr. pure E. G. Pico- ne, op. cit., pp. 40-45. 21 F. von Andrian, Pràistoriche studien aus Sicilien, in «Zeitschrift fur Etimologie», Berlin, X, 1878, pp. 79-82. 22 L. Pigorini, Scoperte paietnologiche nel territorio di Modica, in «Bull, di Paletn. It.», Vili, 1882, pp. 21-25. 22 A Cornac (Bretagna), in uno dei tanti dolmen del luogo, sono state rinvenute asce con il filo rivolto verso l’alto. Sotto la cosiddetta tavola dei Mercanti, a Locmariaquer (poco distante da Cornac), si trovano incise asce a manico, e a Manéer-Hroec (località sempre della Bretagna) è stata riportata alla luce, alFinterno di una cella me- galitica, un'ascia di giadeite posta sopra un disco forato, nonche' 53 un centinaio di asce affastellate Luna sull'altra (cfr. R. Galles, Bull. Soc. Polym. Morbihan, Vili, 2-1863). Asce sono altresì incise nel complesso megalitico di Stonehenge. 24 P. Orsi, Nuovi documenti della civiltà premicenea e micenea in Italia, in «Ausonia», a. I, 1906, pp. 7 e sgg. 25 Per quest’ultimo motivo decorativo, cfr. G. Libra, Quei sei triangoli equilateri, in «Le Timpe, Libro Antologico», Rosolini 2006, pp. 69- 71. 26 La Grotta Lazzaro, che prende il nome dalla Cava in cui sorge, è una caverna di natura carsica utilizzata come rifugio sin dal paleoli- tico superiore (ca. 35.000 anni fa). 27 F. Maugini, Scoperte preistoriche in Sicilia, in «Rivista scientifica industriale», 13 aprile 1879; cfr. pure P. Orsi, ibidem, pp. 5-6. [Gli “ossi a globuli" sono placchette di osso bovino, decorate finemen- te con motivi a rilievo che riproducono “globuli ovali” posti in suc- cessione. Gli esemplari siciliani sono stati ritrovati nella necropoli di Castelluccio, a Cava Lazzaro, a Sante Croci, a Monte Casale e nella grotta Masella di Buscemi. Altri furono anche rinvenuti nei livelli II e III (2700-2300 a.C.) di Troia, 'à Malta, a Le ma, e nel Pelo- ponneso negli strati che si riferiscono al periodo del medio elladico (2000-1580 a.C.)]. 2S S. Tusa, La Sicilia nella preistoria, Palermo 1983, p. 320. 29 F. L. Belgiorno, 1 Siciliani di 15.000 anni fa, op. cit., p. 120. 30 G. Libra, Identificato un dolmen a Cava Lazzaro, in «Le Timpe, Li- bro Antologico», op. cit., pp. 73-75. 11 S. Piccolo, / dolmen nella Sicilia sud-orientale, in «Tesi di diplo- ma della Scuola Universitaria diretta a fini speciali per Op. Tecnico- Scientifici per i beni Culturali ed Ambientali, settore Archeologico», Università degli Studi di Palermo, Facoltà di Lettere e Filosofia, Agri- gento, a.a. 1994-95, pp. 61-67. 32 P. Orsi, Avola. Sepolcri siculi e catacombe cristiane, in «Notizie Scavi di antichità», 1899, pp. 69-70. 35 G. V. Gentili, «Fasti archeologici», IX, 1954 [1956], n. r. 2792. 34 M. T. Curro, Avola. Casa romana in contrada Borgellusa, in «Boll. d’Arte», LI, 1966, p. 94; cfr. pure G. M. Bacci, Avola (1980-1983). Villa ellenistico-romana in contrada Borgellusa. in «Kokalos», II, 54 1984-1985, pp. 711 e sgg. 35 R. M. Albanese, Notiziario, Avola, in «Studi Etruschi», XLVI, 1978, pp. 569-571. 36 Padre e figlio, ambedue insigni docenti di Archeologia Cristiana pres- so l’Università di Catania. 37 S. Piccolo, ibidem, tav. XVIII. 38 Cfr. Le ruspe travolgono un prezioso dolmen, in «La Domenica», settimanale di Siracusa, 25 settembre 1983. 55 m L’ombelico del mondo 1. Epilogo L’interpretazione dei manufatti appena descritti, parrebbe apri- re nuovi orizzonti nel composito panorama culturale della Si- cilia primitiva. È noto che la nostra regione ha avuto una prei- storia alquanto intricata, tanto da risultare difficile orientarsi nel guazzabuglio di popoli che vi si sono succeduti. Resta co- munque percettibile l’impatto tra due influenze: l’una europea, proveniente da nord-ovest, e l’altra mediterranea, di chiara matrice orientale. Quando nell’Vili sec. a.C. i primi coloni egei giunsero nella nostra terra, l’isola era abitata da tre stirpi indigene: i Sicani, i Siculi e gli Elimi1. Le testimonianze storiografiche riguardo alla loro origine sono molto confuse, e un’identificazione et- nica così perentoria da parte dei Greci tenderebbe a limitare, se non a concludere, il quadro dell’indagine. Appurata l’estraneità dell’architettura dolmenica a quelle che sogliono essere le ultime culture della preistoria siciliana, non resta che rivolgere la nostra attenzione ad un’ulteriore esperienza qui maturata durante la fase dei metalli. Il megalitismo, come più volte si è detto, è concentrato maggiormente nell’Europa atlantica, lungo un percorso che sembra ridiscendere il continente da nord (Inghilterra, Breta- 56 ANTICHE PIETRE Il dolmen “Billella” a Lùras (Sassari). gna) verso sud (Portogallo, Spagna). Intorno alla fine del III millennio a.C., il versante occidentale della nostra regione fu interessato da un’ondata culturale (portatrice del bicchiere campaniforme2) proveniente dalle coste sarde, i cui effetti de- terminarono la creazione, anche nel Sud-Ovest dell’isola3, di uno snodo mercantile deputato a regolare i traffici tra la Sici- lia centro-meridionale, la Sardegna e la penisola iberica da una parte, l’Oriente mediterraneo dall’altra4. Si spiegherebbe in tal modo il passaggio, nella Sicilia di questo periodo, di aspetti culturali tipici dell’occidente europeo che, oltre a pro- durre fenomeni locali d’imitazione5, attestarono la centralità strategico/commerciale della nostra isola. La Sardegna, per la sua area di pertinenza, dovette porsi come ultima “stazione di servizio” di quel lungo ponte virtuale che collegava le op- poste sponde del Mediterraneo. 57 Salvatore Piccolo Il dolmen “Alzoleddha” a Lùras (Sassari). A Lùras (SS), piccolo comune ad alta concentrazione me- galitica, si possono visionare due dolmen a pianta rettangola- re e ingressi rivolti a nord-est, denominati Billella e Alzoled- dha6. Il primo (mt 2,00x1,70x1,70), ha come copertura una lastra di 2,2x2,3 metri; il secondo, alto non più di un metro, è costituito da tre grandi lastroni di granito, infissi nel terreno, sormontati da una piastra di 2,65x2,20 metri. Ambedue si col- locano all’età del rame. Anche Spongano, in provincia di Lecce, è custode di strut- ture simili. Non più di qualche anno addietro vi fu ritrovato l’en- nesimo dolmen, battezzato Piedi grandi dal nome del fondo su cui si erge. Datato alla prima metà del secondo millennio a.C., è costituito da due pietre conficcate nel terreno e sormon- 58 ANTICHE PIETRE Il dolmen “Piedigrandi” a Spongano (Lecce). tate da una lastra quadrangolare, ad angoli arrotondati, della larghezza di 1,10 metri. Il monumento è alto novanta centime- tri circa, largo altrettanto, profondo solo un metro. I manufatti anzidetti somigliano in maniera decisiva (per forma, dimensioni e orientamento) al nostro di Monte Bubbonia. Lo “pseudo dolmen” di Avola resta isolato in questo pa- norama, poiché, accertatane la conformazione naturale, il suo rimaneggiamento lo allontana dagli esemplali descritti. Quando nel 1955 J. D. Evans, nell’opera citata, imputò la costruzione dei piccoli megaliti di Malta (per la loro rassomi- glianza a quelli salentini) ad un popolo proveniente dalla Pu- glia, sovrappostosi alla precedente Cultura di Tarxien, non conosceva ancora la realtà dolmenica siciliana. Appare per- 59 Salvatore Piccolo tanto induttivo reiterare l'ipotesi dello studioso inglese riferen- dosi unicamente all’aspetto formale dei monumenti delle due regioni, specie se, nel frattempo, se ne è frapposta una terza che vanta analoghe esperienze. Oltretutto, la datazione dei ma- nufatti salentini (non convalidata, tuttavia, da alcun elemento di cronologia assoluta o relativa) è successiva a quella indi- cata per gli omologhi presenti a Malta. La Sicilia, per la sua imponenza geografica nel bel mezzo del Mediterraneo, attrasse ogni tipo di esperienza culturale, proiettandone gli effetti alle relative aree di influenza (sia a set- tentrione che a meridione di essa). In questa cornice si inqua- drano gli antichi rapporti con l’isola di Malta, prontamente as- surtasi a partner privilegiata della sorella maggiore ma sem- pre in allerta per una vicinanza che avrebbe potuto rivelarsi pericolosa. Il progredire della metallurgia non scalfì affatto il molo della nostra isola, al contrario le apri le porte all’Ovest, che vi ri- versò modelli inediti e materie prime: dalla Sardegna affluiva l'arsenico7 e, per la stessa rotta, lo stagno della Spagna e della Cornovaglia. Il “popolo dei dolmen’’ avrà compartecipato a quell'andi- rivieni. Approdato nella zona occidentale della nostra regio- ne, dovette pian piano espandersi sin verso il litorale ionico, finendo per beneficiare del circuito virtuoso che questa parte d’isola aveva da tempo innescato con l’arcipelago maltese. La civiltà di Tarxien, forse qui incrociò la sua triste sorte. 60 Note al cap. Ili 1 Tucidide, VI,2. : Il bicchiere campaniforme è un boccale a forma di “campana” che compare in Sicilia già nell’età del rame, affermandosi pienamente nel periodo a cavallo con l'età del bronzo (intorno al 2200 a.C. circa). L'importanza del bicchiere sta nella frequenza del suo ritrovamento in un’area parecchio vasta del continente europeo, che va dal Porto- gallo alla Scozia, dalla Spagna all’Alsazia, alla Boemia. 3 L’altro scalo commerciale siciliano, molto più antico, si trovava a Nord-Est, alle isole Eolie. 4 Cfr. S. Tusa, Sicilia preistorica, op. cit., p. 121 e sgg. 3 La ceramica, ad esempio, nello stile castellucciano di Manicalunga (nel trapanese) risente degli influssi decorativi del bicchiere cam- paniforme; - i vasi polìpocli (dal gr. polypodes, “con più piedi”) ritrovati in que- sta parte della Sicilia, presentano affinità evidenti con quelli rinve- nuti in moltissime zone dell'Europa centrale; - la nostrana tomba a grotticella, acquista un elemento di distinzione grazie aH’aggiunta di un “corridoio dolmenico”. Cfr. S. Tusa, ibi- dem, p. 119; G. Castellana, op. cit., pp. 105 e sgg. 6 Sono i nomi di due contrade di Lùras; Billella, nelle campagne con- tigue al paese; Alzoleddha, invece, all’interno del centro urbano. 7 L’arsenico, semimetallo utilizzato come componente delle leghe an- tifrizione, migliorava la robustezza dei lavorati in rame. Fu progres- sivamente abbandonato a causa del perfezionamento dei procedi- menti di fusione del bronzo (fase del bronzo medio, intorno al 1500 a.C. circa). 61 Bibliografia sul “dolmen” di Avola Giornale di Sicilia, Importanti rinvenimenti archeologici nelle zone collinari di Avo- la antica, Cronaca di Siracu- sa, 10 febbraio 1962; La Sicilia, In progetto una stra- da d’accesso alla zona ar- cheologica di Avola, Crona- ca di Siracusa, 11 febbraio 1962; La Sicilia, / monumenti di Avola antica meritano di essere valorizzati, Cronaca di Sira- cusa, 19 aprile 1962; La Sicilia, In visita ai monumen- ti di Avola il soprintendente Bernabò Brea, Cronaca di Si- racusa, 8 maggio 1962; La Sicilia, Problemi storici av- viati a soluzione dopo le re- centi scoperte di dolmen, Cronaca di Siracusa, 14 giu- gno 1963; La Sicilia, L’etimologia solare di Avola centro siciliano preistorico, Cronaca di Sira- cusa, 6 giugno 1972; La Sicilia, Le ruspe stanno di- struggendo il patrimonio ar- cheologico avolese, Cronaca di Siracusa, 8 novembre 1983; L’Ora, Avola centro archeologi- co, 8 maggio 1962; Il Narciso (rassegna di cultura), anno II n. 5, maggio 1962, p. 2; Settegiorni di Siracusa, (settima- nale), n. 4, 6-7 ottobre 1962; Panorama, (settimanale), Un dol- men calamita gli archeologi in Sicilia, n. 6, marzo 1963; Il giornale d'Italia, Nuovi rinveni- menti archeologici, 14 feb- braio 1964; Il giornale d'Italia, "Operazione rilancio” per l’archeologia avolese: scoperta una villa romana de! I sec. a.C., 30 apri- le 1964; Vita Diocesana, il "dolmen” di Avola richiama l’attenzione di un grande studioso, Noto. 20 febbraio 1964; Vita Diocesana, Un illustre ospi- te ad Avola, Noto, 12 marzo 1964; Vita Diocesana, Una grandiosa preistoria dolmenica in Val di Noto, Noto, 12 novembre 1971; Guida all'Italia, Sugar ed., voi. II. p. 49; Ist. geogr. De Agostini, Italia gui- da turistica, Novara 1968, p. 32; Rivista dell’Amm.ne Prov.le di Si- racusa, a. I, nn. 4-5, luglio-ot- tobre 1982; 63 Salvatore Piccolo La Domenica, Ti uccido in nome del dio Sole, Siracusa 8 mag- gio 1983; La Domenica, Le ruspe travolgo- no un prezioso dolmen, Sira- cusa 25 settembre 1983; La Domenica, Un grave danno alla storia della Sicilia, Sira- cusa 2 ottobre 1983; F. L. Belgiorno, I siciliani di 15.000 anni fa, Catania 1965, pp. 192-193; S. Cantone, Il dolmen di Sciacca, in «Sicilia», n. 82, Palermo 1977, p. 19; E. Gatti, La misteriosa civiltà dei Reti, Roma 1972, pp. 212/231; G. Pignatello, Avola I, Catania 1978, p. 172; G. Pignatello, Guida di Avola, Ispica 1980, p. 22; S. Policastro, De Veteribus Re- centioribusque Rebus Siculis, Acc. Intem. Siculo-Normanna. Catania 1976, p. 285; S. Troia, Avola alla luce delle sco- perte archeologiche, Avellino 1963, pp. 16e sgg.; S. Troia, Avola alla luce della sto- ria e dell’archeologia. Noto 1963, pp. 37 e sgg. 64 ANTICHE PIETRE Bibliografia generale AA. VV., Paleoantropologia e preistoria (Origini, Paleoli- tico, Mesolitico), Jaca Book, Milano 1994; Anati E., Considerazioni sulla pre- istoria di Malta, in «Missio- ne a Malta», Milano 1988, pp. 11-49; Arribas A.. The Iberians, Milano 1967; Atkinsons R. J. C., Neolithic en- gineering, in «Antiquity», 35, 1961. pp. 292-299; Bacchiega M., Validità ed attua- lità del mito solare, Lendina- ra(RO) 1964; Bandi H. G., La répartition des tombes mégalithiques, in «Archives Suisse d’Anthro- pologie générale», 12, 1946 pp. 39-51 ; Bernabò Brea L., La Sicilia pri- ma dei Greci, Milano 1958; Bernabò Brea L., Eolie, Sicilia e Malta nell'età del bronzo, in «Kokalos», 22-23,1. 1976-77, pp. 33-110; Bernardini E., Europa magalitica, in «Mondo Archeologico», 16 giugno 1977, pp. 51-61; Bonanno A., Malta. 11 fascino del- l'archeologia, Malta 2000; Bovio Marconi J., Termini Jmere- se (Monte Castellacelo). Re- lazione preliminare, in «No- tizie degli scavi di antichità», Roma 1936, pp. 462-473; Bradley R., Gardiner J., Neolithic studies. A review of some cur- rent research, in «British Ar- chaelogical Reports», 133, Oxford 1984; Castellana G., La Sicilia nel 11 mil- lennio a.C., Caltanissetta 2002. Chapman R., The emergence of formai disposai areas and thè "problem " of megalithic areas in prehistoric Europe, in R. Chapman, I. Kinnes, K. Randsborg (eds), «The archa- elogy of death», pp. 71-81, Cambridge 1981; Childe V. G., Preistoria della So- cietà europea, Firenze 1965; Cipolloni Sampò M., Dolmen “ar- chitetture preistoriche in Eu- ropa”, Roma 1990; Daniel G. E., The megalith buil- ders of western Europe, Lon- dra 1958; Daniel G. E., Kjaerum P., megali- thic graves and ritual papers presented at thè 111 Atlantic Colloqium, in «Jutland Ar- chaelogical Society Pubblica- tion», II, Moesgard 1969; 65 Salvatore Piccolo Di Stefano C. A., L’ignoto centro archeologico di Mura Pre- gne presso Termini Imerese, in «Kokalos», XVI, 1970, pp. 188-198; Di Stefano G., Nuovi documenti tombali della prima etcì del bronzo a Cava Lazzaro, in «Tabellarius», n.s., 1976, pp. 12-21; Di Stefano G., La collezione prei- storica della “Grotta Lazza- ro” nel Museo civico di Mo- dica, in «Sicilia Archeologi- ca», 41, 1979, pp. 91-110; Di Stefano G., Piccola guida del- le stazioni preistoriche degli iblei, Distretto scolastico 52, Ragusa 1984; Erasmus C. J., Monument buil- ding: some fielcl experimen- ts, in «Southwestern Journal of Anthropology», 21, 1965, pp. 277-302; Evans J. D., The “dolmens” of Malta and thè origins of thè Tarxien cemetery culture, in «Proceedings of thè Preisto- rie Society», XXII, 1956, pp. 85-101; Evans J. D., Segreti dell’antica Malta, Milano 1961 ; Fleming A., The Myth of thè mother- goclcless, in «World Archaeo- logy», 1, 1969, pp. 247-261; Fleming E., Tombs far thè living, in «Man», 8, 1971, pp. 177- 193; Furon R., Manuel de preistorique genérale, Paris 1958; Gervasio M., / dolmen e la civiltà del bronzo nelle Puglie, Bari 1913; Guzzardi L., Architettura funera- ria pluricellulare della Sici- lia sud-orientale tra la tar- da etcì del rame e la prima età del bronzo, in «Preistoria d’Italia», IV, 1984, 315 s.; Guzzardi L., L'area degli Iblei fra l’età del bronzo e la prima età del ferro, in «Civiltà indi- gene e città greche nella re- gione iblea» (a cura di Loren- zo Guzzardi), Assessorato BB.CC.AA. della Regione Si- ciliana e Distretto scolastico 52, Ragusa 1996, pp. 9-42; Guzzardi L., L'area del Siracusa- no e ì 'arcipelago maltese nella Preistoria, in «Atti del Seminario “Malta negli Iblei, gli Iblei a Malta”», Catania 30 settembre - 1 ottobre 2006 (in corso di stampa); Guzzardi L., Arcipelago maltese e regione iblea: rapporti e divergenze fra IH e II millen- nio a.C., in «Sicilia e Malta, le Isole del Grand Tour» (a cura di R. Bondin e F. Gringeri Pantano), Malta 2007; 66 ANTICHE PIETRE Hatt J. J., Fischer Weltgeschichte, voi. I, Vorgeschichte, Frankfurt ani Main 1966, ed. it. 1967, p. 74; Heine R.-Geldern, Die megalithen Siidostcìsiens und ihre Be- deutung fiir die Klàrung der megalithenfrage in Europa und Polynesien, in «Anthro- pos», 13, 1928, pp. 276-315; Heine R.-Geldern, Dos megalith problem, in «Beitrage Oester- reichs zur Erforschung der Vergangenheit und kulturge- schichte der Menschheit», Symposion 1958 pubbl. nel 1959, pp. 162-182; Heizer R. F., Ancient heavy tran- sport, metlìods and achieve- ments, in «Science», 153, 1966, pp. 821-830; Joussaume R., Les dolmens pour les morts, Parigi 1985; Lilliu G.. lì dolmen di Motoria, in «Studi Sardi», 1966, pp. 3-57; Lo Porto F. G., Il “dolmen a gal- leria” di Giovinazzo, in «Bul- lettino di Paletnologia Italia- na», LXXVI, 1967Tpp. 137- 180; Lynch F., The use of thè passage in certain passage graves as a mean of commiinication rather than access, in G. E. Daniel, P. Kiaeruni (eds), «Megalithic and rituali pa- pers presented at thè III At- lantic colloquium», Jutland Archaelogical Society, Co- penhagen 1973, pp. 147-161; Mac Kie E., The megalith buiders, Oxford 1977; Maringer J., Le religioni dell’età della pietra in Europa, Tori- no 1960; Mauceri L., Sopra un'acropoli pelasgica esistente nei din- torni dì Termini Imerese, Pa- lermo 1896; Miller D., Tilley C., Ideology power and prehistory, Cam- bridge (eds) 1984; Mohen J. P., La construction des dolmens et menhirs au Néo- lithique, in «Dossier d'Ar- chéologie», n. 46, pp. 58-67; Muller S., VEurope Prehistori- que, Paris 1907; Niel F., La civilisation des méga- lithes, Paris 1970; Orsi P., Miniere di selce e sepol- cri eneolitici a Monte Tabu- to e Monte Racello presso Comiso (Siracusa), in «Bul- lettino di Paletnologia Italia- na», XXIV, 1898, pp. 201-203; Orsi P., Villaggio, officina litica e necropoli si tuia del J°pe- riodo a Monte Salia presso Canicarao (Comiso, prov. di Siracusa), in «Bullettino di Paletnologia Italiana», XLIII, 1923, pp. 18-19; 67 Salvatore Piccolo Patiri G., Le mura e le costruzio- in «Preistoria», voi. II, Mila- ni ciclopiche della contrada no 1991; Cortevecchia, in Termini Raclet G., Les mégalithes my- Imerese, Firenze 1908, p. 6; stérieux, Parigi 1981; Peete T. E., Rotigli sfotte monu- Recami E., Mignosa C., Baldini ments and their builders, L.R., Nuovo contributo sul- Londra 1912; la preistoria della Sicilia, in Pellegrini E., Il mondo delle pie- «Sicilia Archeologica», n. 52- tre giganti, in «Archeo», n. 53, 1983, pp. 45-82; 98, aprile 1993, pp. 54-103; Reden (von) S., Die Megalithkul- Peroni R., Archeologici della Pu- turen, Berlino 1979; glia preistorica, Roma 1967; Renfrew C., New configurations Piccolo S., I dolmen nella Sicilia in old world cronology, in sud-orientale, in «Atti del I «World Archaelogy», 2,1970, Congresso Internazionale di pp. 199-211; Preistoria e Protostoria Sicilia- Renfrew C.. The megalithic monti- ne» (a cura di A. Scuderi, S. ments of western Europe, in Tusa, A. Vintaloro) [1997], J. D. Evans, B. Cunliffe, C. Voi. “B”, Archeoclub d’Italia Renfrew (eds), «Antiquity sede di Corleone, Centro Si- and man: Essays in honour ciliano di Preistoria e Proto- of Glyn Daniel»,II, Londra storia, pubbl. nel novembre 1981; 2006, pp. 305-315; Renfrew C., Colonialism and me- Piccolo S., La tavola e la pietra, galithismus, in «Antiquity», in «Archeo», a. XIV, 166, di- 41, 1967, pp. 276-288; cembre 1998, pp. 42 e sgg; Renfrew C„ L'Europa dellaprei- Picone E. G, Stanziamenti preisto- storia, Bari 1987; rici nel territorio dell'alta Roder J., Pflial und Menhir, Eine Cava cVlspica, Siracusa 2006; vergleichend vorgescliichtli- Pigorini L., Monumenti megaliti- che, volks und vòlkerKundli- ci in terra d'Otranto, in «Bui- che Stadie, in «Studien zur lettino di Paletnologia italia- westeuropaischen altertu- na», n. 7-9, Parma, lug/set mskunde», I, Neuwied am 1899; Rhein 1949; Pigorini L., Cinquant’anni di Spadafora S., Il dolmen di Mura Storici italiana (1860-1910), Pregne nel quadro elei feno- 68 ANTICHE PIETRE meno dolmenico europeo, Università degli Studi di Pa- lermo, Facoltà di Lettere e Fi- losofia, Scuola Universitaria diretta a fini Speciali per Op. Tecnico-scientifici per i beni Culturali ed Ambientali, setto- re Archeologico, Agrigento, tesi di diploma, a.a. 1996-97; Thom A., Megalithìc reinains in Bri- taui and Brittany, Oxford 1978; Trump D. H., L'Italia centro-me- ridionale prima dei romani, Milano 1978; Trump D.H., Megalìthic architec- ture in Malta, in C. Renfrew (ed), «The megalìthic Monu- rnents of Western Europe», London 1981, pp. 64-76; Tusa S., The megalith builders and Sicily, in «Journal of Mediterranean Studies», 1/2, 1991, pp. 267-285; Tusa S., Sicilia preistorica, Paler- mo 1994; Tùsa S., Il megalitismo e la Sici- lia, in «Prima Sicilia. Alle ori- gini della società siciliana» (a cura di Sebastiano Tusa), Re- gione Siciliana. Assessorato dei beni Culturali, Ambientali e della Pubblica Istruzione, 1997, pp. 333-341; Twohig E. S., The megalìthic art of western Europe, Oxford 1981; Voza G., Villaggio fortificato del- l'età del bronzo in Contrada Petraro di Melilli (Siracu- sa), in «Atti XI-XII», Riun. Scient. Ist. Ital. Preistoria e Pro- tostoria, Firenze 1970, 186 s.; Wernick R.. The monument buil- ders, Londra 1974; Wernick R., Gli uomini dei mega- liti, Milano 1979; Whitehouse R., Megaliths of thè centrai Mediterranean, in Renfrew C. (a cura di), «The Megalìthic Monuments of Western Europe», Londra 1981, pp. 42-63; Whittle A., Problems in neolithic archaeology, Cambridge 1988; Zanimit T., Prehistoric Malta. The Tarxien Tempies, Oxford 1930. 69 Indice Ringraziamenti Introduzione.................................................. 9 I-IL PROBLEMA DELLE ORIGINI................................. 11 1. Primi studi (11) 2. Principali caratteristiche dei dolmen (13) 3. I dolmen mediterranei (15) Note al cap. I.............................................. 19 II - QUATTRO DOLMEN A CONFRONTO............................. 21 1. Monte Bubbonia (21 ) 2. Cava dei Se tri (28) 3. Cava Lazzaro (36) 4. Lo pseudo dolmen di Avola (42) Note al cap. II............................................. 52 III - L’OMBELICO DEL MONDO.................................. 56 /. Epilogo (56) Note al cap. III............................................ 61 BIBLIOGRAFIA SUL “DOLMEN” DI AVOLA.......................... 63 BIBLIOGRAFIA GENERALE....................................... 65 Finito di stampare nel mese di giugno 2007 dalla Grafica Saturnia - Siracusa per conto di Mortone Editore Siracusa I dolmen, spersi tra boschi e montagne di mezzo mondo, hanno costituito per secoli un mistero che ha dato alimento alle più fantastiche interpretazioni. In realtà, essi furono il prodotto di una Cultura che scorgeva nell’Universo il Centro regolatore dell’esistenza umana: una prei- storica abilità manuale diffusasi ovunque nel vecchio continente. Negli ultimi anni anche la Sicilia va svelando la presenza di megaliti, sebbene di taglia inferiore rispetto a quelli atlantici... Salvatore Piccolo, nato a Roma nel 1959, è esperto in Beni Culturali Archeologici. Autore di numerosi articoli, pubblicati su importanti riviste nazionali, ha partecipato al “1 Congresso internazionale di Preistoria e Protostoria siciliane ” (Corleone, 1997) relazionando sull’argomento del presente saggio. Ha scritto, insieme ad Emanuele Zuppardo, “Terra Mater, sulle sponde del Gela greco”, una storia della Sicilia ellenica vista da un 'angolazione del tutto particolare: la città di Gela. Ha frequentato corsi di Studio sulle Antiche Civiltà Mediterranee ed ha collaborato, in qualità di Consulente Scientifico, con diversi Enti. ISBN: 978-88-902640-7-8 Euro 15,00